puredal fattoche inposizione intervocalica il dialettoparmigiano, diversamentedal-
l’italiano, ammette sia
z
(per es., in
luùza
“luce”,
noóza
“noce”,
briìza
“briciola”,
buùza
“buca”
64
,
roóza
“rosa”
65
), sia
s
(per es., in
noòsi
“nozze”,
maseèr
“uccidere”
66
,
faàsa
“fascia”
67
,
baàsa
“bassa”,
ròsa
“rossa”
68
).Quantodettogiustifica la scelta, già
fatta propria daCapacchi
69
, di scrivere con la lettera
s
il solo suono
s
(realizzazione
del fonema
s
) edi usare invece la lettera
z
per rappresentare il suono
z
(realizzazione
del fonema
z
); di conseguenza, si userà la lettera
z
anche per scrivere parole del dia-
lettoparmigianoquali
eèzon
“asino”,
neèz
“naso”,
mezdeèr
“mescolare”e l’allomorfo
z
- dell’affisso
s-
, usato dinanzi a radici che iniziano con consonante sonora, come,
per es., in
zdintè
“sdentato”,
zlargheèr
“allargare”.
Riguardo al fonema
z
, va poi notato che esso corrisponde talora
70
a it.
dz
[scritto
z
oppure
zz
], come, per es., in
zeéro
≈ it.
zero
71
,
meéz
≈ it.
mezzo
72
,mzeèdor
≈ it.
mez-
zadro
73
.
Nella quinta coppia oppositiva
peés
è riconducibile a lat.
pessu
(
m
) (piuttosto che a
peius
come it.
peggio
) mentre
peéz,
corrispondente a it.
peso
, continua lat.
pe(n)su
(
m
): nel primo
caso la consonante lunga originaria si è abbreviata, mentre nel secondo quella breve si è so-
norizzata prima della caduta della vocale finale, diventando
z.
64
Per quanto riguarda
luùza
e
noóza,
si partedalle forme latine
lūce
(
m
) e
nŭce
(
m
)
,
mentre
briìza
è riconducibilea
bricia
(
m
): per la“lenizioneceltica” il suonovelarepalatalizzato
k’
ha
avuto come esito
d
ʒ anziché
tſ
come in italiano (cf. Rohlfs, op. cit., vol. 1°, pp. 290-291);
d
ʒ
si èpoi semplificato in
ʒ
, successivamentepassato a
z
. In
buùza
(≈ it.
buca
)
,
invece, attende-
remmo
g
, visto che
a
non palatalizza la velare precedente:
z
è il risultato di un rifacimento
analogico, avvenuto quando *
lud
ʒ
e
e *
nod
ʒ
e
sono state sostituite da
lud
ʒ
a
e
nod
ʒ
a
.
65
In questa parola
z
è il risultato di una sonorizzazione di
s
in posizione intervocalica.
66
La forma tardolatina di queste parole contiene unnesso
tj,
che ha avuto lo sviluppo
ts
-
esitodell’italiano -, semplificato in
s
inunperiodo successivo, quando tale fonemanon si so-
norizzavapiù inposizione intervocalica (cf.Rohlfs, op. cit., vol. 1, p. 410).Nellaprimaparola
c’è pure stata la caduta della consonante
p
dinanzi a
tj
- caduta che va postulata anche per
l’italiano; visto che in tale parola la vocale tonica ò [< lat.
ŭ; cf. nŭptiae
] ha l’intonazione
ascendente,mentre, secondoquantodetto inprecedenza, attenderemmoquella semplice, non
èesclusa l’eventualitàdi unprestitoda ital.
nozze
, conadattamento foneticoemorfologicoal
dialetto.
67
Si parte da
fascia
(
m
): il nesso
sk’
si è trasformato in
ſ,
che in ambito parmigiano è di-
ventato successivamente
s
.
68
Gli esempi
baàsa
e
ròsa
sono riconducibili rispettivamentea lat. tardo
bāssa
e lat
rŭssa
:
la consonante lunga latina si è conservata in italiano, mentre si è abbreviata nel dialetto par-
migiano.
69
Cf. Capacchi, op. cit., introduzione.
70
E’ uno sviluppo di
dz
(conservatosi in italiano), che continua più spesso
dj
del latino
tardo/medioevale.
71
Laparola
zeéro
èunprestitodaquella italiana (di originearaba), conevoluzione fonetica
tipica del dialetto parmigiano.
72
Lamatrice è lat.
medium.
73
La parola
mzeèdor
è unprestitoda quella italiana [< lat.mediev.
mediārium
], con evo-
18