tera
n
dellagrafia tradizionale; si potrà scriveredunque, per es.,
ténca
“tinca”,
léngua
“lingua”,
dónca
“dunque”,
pónga
“topo”,
mànga
“manica”.
Il fonema nasale alveolare
n
viene pronunciato come velare anche quando è pre-
ceduto da una vocale accentata con intonazione semplice e si trova alla fine di una
parola che non si appoggia a quella successiva; cf., per es.,
a riìva^’l càn
“arriva il
cane”,
i’m dàn^namàn
“mi danno unamano”,
amaàgn^al pàn
“mangio il pane”,
i
m’al dàn
“me lo danno”,
a’gh pjeèz^al vén
“gli piace il vino”,
tùt à
^
fén
“tutto fini-
sce”
92
. Fannoeccezione ladesinenzadi 3aplurale
-àn
del futuro indicativoe le forme
monosillabiche di 3a plurale di presente indicativo
àn
“hanno”,
fàn
“fanno”,
dàn
“danno”,
sàn
“sanno”,
vàn
“vanno”,
stàn
“stanno”,
én
“sono”, nellequali lanasale
n
usatanelmedesimocontesto fonicovienepronunciatacomealveolare, probabilmente
per analogia sulle forme di 3a plurale terminanti in -
on
con vocale atona, di gran
lunga più numerose; cf., per es.,
i gh’al daràn
“glielo daranno”,
i m’al fàn
“me lo
fanno”,
i m’al dàn
“me lo danno”,
j al sàn
“lo sanno”,
i vàn
“vanno”,
i’gh stàn
“vi
abitano”,
i vàn^toòt cmé^j én
“vanno presi come sono”.
Talepronunciavelare ègià statanotatadaCapacchi
93
, il quale altresì osserva che
essaèabbastanza frequente,mentrequellaalveolareèpiù rara. Si condividono leos-
servazioni di Capacchi, senza accettare tuttavia i suoi suggerimenti grafici
94
, visto
che la pronuncia velare di
n
finale di parola è limitata ai casi nei quali la lettera
n
è
preceduta dai simboli grafici usati in questa grammatica per rappresentare le vocali
tonichecon intonazione semplice, adeccezionedelle formeverbali di 3apersonaplu-
rale, il cui fonema
n
vienepronunciato semprecomealveolare.Così, per es., il fonema
n
vapronunciatoconun suonovelare in
vén
“vino”,
pàn
“pane”,
càn
“cane”,
stradén
“stradino”,
vón
“uno”,
bén
“bene” finali di frase,ma conuno alveolare in formever-
bali di 3a persona plurale quali
diràn
“diranno”,
fàn
“fanno”,
én
“sono”, oltre che,
ovviamente, dopounavocalecheha l’intonazioneascendente (come, per es., in
veén
“viene”,
paàn
“panno) oppure è atona (come, per es., in
coòron
“corno”,
diìzon
“di-
cono”). Va notato poi che tale suono nasale velare tende ad essere talmente debole
chequasi non lo si percepisce
95
: così, per es., quando imiei genitori ealtri dialettofoni
92
Il fonema
é
di
vén
e
fén
continua una precedente
i
[< lat.
ī;
cf.
vīnu
[
m
]
, fīne
[
m
]], che si
conserva in italiano.Questi fenomeni si inseriscono inunquadropiù ampio: dinanzi a
n
finale
pronunciatoconun suonononmoltodiversodauna semplice risonanzanasale si neutralizzava
sia l’opposizione tra levocali toniche
è, é, i
siaquella tra levocali toniche
ò, ó, u
, con laconse-
guenza chenel primo casovenivausata la solavocale
é
,mentrenel secondo la solavocale
ó.
93
Cf. Capacchi, op. cit., p. XV.
94
Propone di contrassegnare la realizzazione più rara (quella alveolare) con la lettera
n’
,
usando, per es., la grafia
vén’
“viene” [3a pers. sing. di
gniìr
“venire”],
pàn’
“panno” per di-
stinguerequeste formeda
vén
“vino”,
pàn
“pane”: optaper una tale alternativa inquanto, di-
versamente da questa grammatica, non utilizza una grafia che distingua le due diverse
intonazioni.
95
Al riguardo Capacchi osservò che esso ha una pronuncia “scarsamente avvertibile, a
meno che la parola seguente non cominci per consonante”.
22