telefoneèda
“telefonata”: essi occupanounaposizionepiùmarginale, denotando“so-
stantivizzazioni” (“reificazioni” secondo una terminologia piùmoderna) di qualità,
stati di cose, eventi o azioni
111
.
La funzione semanticaprototipicadellacategoriadel nomenellaprospettivadella
comunicazioneèquella referenziale
112
, vistoche i nomi servono innanzituttoa far ri-
ferimento ad entità o sostanze (per es.
putén
“bambino”,
pén
“pino”,
lìbor
“libro”
,
sùcor
“zucchero”) oppurea reificazioni di azioni, processi e stati (per es.
telefoneèda
“telefonata”,
bontè
“bontà”).Tale funzioneprototipicaèesclusaper frasi quali
l’é^’n
meéstor
“èunmaestro”≈
j én^dimeéstor
“sonodeimaestri”, dove il nomeunitoalla
copula - elemento vuoto dal punto di vista semantico - ha piuttosto la funzione pre-
dicativa
113
.Altrovepoi il nome introdottodaunapreposizione (come, per es. in
fój^’d
chèrta/ fój^edchèrta
“fogliodi carta”)ha la funzionemodificativa inquantoqualifica
un altro nome
114
.
Dalle peculiarità semantiche generali legate alla categoria del nome va tenuta di-
stinta la semantica specifica dei singoli lessemi. Soltanto i cosidetti nomi comuni ne
hanno una effettiva, per il cui approfondimento si rimanda alla trattazione proposta
nel quartocapitolo; quelli propri infatti nonhannouna semantica lessicale, nonespri-
mendo nulla sulle peculiarità degli individui o cose, a parte il fatto di avere quel
nome
115
.Mentre i toponimi e i cognomi vengono usati in conformità ad una “tradi-
zione”ereditatadal passatooarrivatadall’esterno (cioèdaaltre lingue), i nomi propri
di persona vengono attribuiti ai singoli individui con “atti di battesimo”
116
; così, per
es., un uomo ha il nome
Zvaàn
“Giovanni” perché alla nascita gli è stato dato quel
nome. Poiché i nomi propri, vuoti dal punto semantico, non sono così ancorati al si-
stema come quelli comuni e, di conseguenza, possono venir realizzati permezzo di
segni di qualsiasi tipo o provenienza, essi hanno un ruolo relativamente marginale
per lo studio di una lingua. Per talemotivo in questa grammatica si rivolgerà un’at-
tenzioneparticolareai nomi comuni, che si differenzianodagli altri segni del sistema
per alcune caratteristiche proprie.
111
Cf.L.Talmy,
TowardaCognitiveSemantics
,Vol. I,CambridgeofMassachusetts, 2000,
p. 43 e ss.
112
Cf. Croft, op. cit., p. 87.
113
Cf.VanValin&LaPolla, op. cit. p. 25.Va qui aggiunto che non tutte le frasi nominali
introdotteda
ésor
“essere” funzionanocome“predicatonominale”: quando si usanonomi co-
muni con l’articolodeterminativoonomi propri, si fapiuttosto riferimentoad individui,men-
tre il verbo
ésor
“essere”nonèunacopula,ma segnalaun rapportodi identità tragli individui
segnalati con tali espressioni e quelli ai quali si fa riferimento con il soggetto, come, per es.,
nelle frasi
l’é al meéstor
“è il maestro” (plur.
j én i meéstor
“sono i maestri”),
l’é Zvaàn
“è
Giovanni”.
114
Cf. Croft, op. cit., p. 87.
115
Di conseguenza, i nomi propri funzionano come “designatori rigidi”, per usare la ter-
minologia del filosofo del linguaggioS. Kripke (
Nome e necessità,
Torino, 1982, p. 9 e ss.).
116
Si scriveciòbasandosi suR.Wimmer,
Referenzsemantik,
Tübingen, 1979, pp. 110-117.
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