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a) quelli terminanti in
-l
cambiano
-l
in
-j
132
, come
fitàbol
“affittuario” ≈
fitàboj
,
fondeél
“sedere” ≈
fondeéj
,
giojeél
“gioiello” ≈
giojeéj
,
grìl
“grillo” ≈
grìj
; quando
poi
-l
èprecedutoda
, sono ammesse sia formedi questo tipo (per es.,
fjoój
“figli”
fjoól
“figlio”,
linsoój
“lenzuoli”≈
linsoól
“lenzuolo”,
fazoój
“fagioli”≈
fazoól
“fa-
giolo”), sia formecaratterizzatedallacadutadi
-l
edallaconseguente riduzionedi
ad
ó
(per es.,
fjó
“figli”,
linsó
“lenzuoli”,
fazó
“fagioli”);
b)
òm
“uomo”,
aàn
“anno” aggiungono invece ilmorfo
-i
(
òmi
e
aàni
)
133
.
Tutti gli altri hannounamedesima formaper singolareeplurale
134
.Così, per esem-
pio,
càn
corrisponde a it.
cane, cani
,
braàs
a it.
braccio, bracci, braccia
,
oòs
a it.
osso, ossi, ossa.
Gli esempi orapropostimostranoche il dialettoparmigianononpre-
vede per il plurale unmorfo
-a
del tipo di quello dell’italiano
135
e, di conseguenza,
manca di nomi sovrabbondanti nel numero del plurale come it.
braccio
e
osso
.
Visto che i nomi di generemaschilehannoperlopiùun’unica formaper singolare
eplurale, gli articoli egli aggettivi dipendenti da essi acquisiscono spesso il ruolodi
disambiguatori riguardo al numero; esempi:
al càn
“il cane”
i càn
“i cani”
,
còl^càn^chì
“questo cane”
chì^càn^chì
“questi cani”. Quando un nome funge da
soggettonell’ambitodi un sintagma, il numerovieneesplicitatoanchedalladesinenza
del verbo, oltrechedal pronomepersonalecliticodi terzapersona in funzionedi sog-
getto usato insieme a tale nome, per es.
al càn al còra
i càn i còron
.
§ 5. Lessemi nominali di genere femminile
La gran parte dei lessemi nominali di genere femminile del dialetto parmigiano
presenta ilmorfo -
a
136
, analogo ad it. -
a
(cf., per es.,
lóⁿna
it.
luna
,
teéra
it.
terra
,
streèda
it.
strada
,
chèrta
it.
carta
,
pànsa
it.
pancia
). Questomorfoha tuttavia
unusopiù ampiodell’equivalente italiano, corrispondendopure almorfo -
e
137
e alla
combinazione di morfi -
ice
(-
ic
-+-
e
); cf., per es.
tòra
it.
torre
,
noòta
it.
notte
,
bòta
it. b
ótte, viìda
it.
vite
,
chèrna
it.
carne
,
faàma
it.
fame
,
mòrta
it.
morte
,
voóza
it.
voce
,
lavoradoóra
it.
lavoratrice
,
debitoóra
it.
debitrice
.
132
Inunperiodomolto antico il dialettoparmigianodoveva avere una desinenza
–i
come
quelladell’italiano (in seguitocaduta), chepalatalizzava laconsonante
l
precedente, in seguito
passata a
j
.
133
L’uso di questa desinenza non si spiega sulla base del latino, ma è il risultato di un ri-
facimento dialettale.
134
Nel dialettoparmigiano -
i
finale atonadi origine latina è caduta. Stesso esitovapostu-
latoper un’eventualecontinuazionedelladesinenza–
es
della3adeclinazione latina, che l’ita-
liano ha sostituito con –
i
analogica sulla 2a declinazione (cf. Rohlfs, op. cit., vol. 2°, pp.
31-32).
135
Tali forme si conservanopurenel dialettobolognese:
brâz
“braccio”≈
brâza
“braccia”,
òs
“osso”≈
òs
(
a
) “ossa”; cf. D.Vitali.,
Dscårret inbulgnais?,
Bologna, 2009 (2a ed.), p. 90.
136
Come si è detto sopra,
a
è l’unica vocale finale atona di origine latina che si conserva
nel dialetto parmigiano.
137
Ilmorfo–
a
ha sostituitounpiù antico -
e
originatoda -
e
(
m
) della terzadeclinazione la-
tina, che in italiano invece si è conservato.
40
1...,43,44,45,46,47,48,49,50,51,52 54,55,56,57,58,59,60,61,62,63,...329
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