Va notato infine che questa congiunzione può essere utilizzata per introdurre
gruppi nominali che sono l’espressione ellittica di un’intera frase: essi hanno la fun-
zione dimodificatori restrittivi di paragone, dipendendo da aggettivi (/avverbi)mo-
dificati dagli avverbi del grado di intensità
pù
“più” o
meéno
“meno”. Esempi:
aj
ò^vìst^un ragaàs pù^beél
(/
meéno^beél
)
che Zvaàn
“ho visto un ragazzo più bello
(/meno bello) di Giovanni”,
j én^pù^scantè
(
/meéno^scantè
)
che’j noòstr’^amiìg
“sono più (/meno) furbi dei nostri amici”,
al lavoóra^pù^bén che tì
“lavorameglio
di te”. Incasi di questo tipo il dialettodifferiscedall’italiano, cheusa lapreposizione
di
. Con questa costruzione si formano anche sintagmi idiomatici quali
pù^brùt che
la paùra
“più brutto della paura” [= “bruttissimo”],
pù^sórd che na sùca
“più sordo
di una zucca” [= “completamente sordo”].
Cmé
esprime la funzione di modificatore restrittivo di maniera. Esempi:
a faàg
cmé^i m’àn^insgnè
“faccio come mi hanno insegnato”,
al fà cmé^’l poól
“fa come
può”.
E’usata con la funzione di complemento oggetto diretto, introducendo frasi in-
terrogative dipendenti da verbi che denotano atti comunicativi o incertezze gnoseo-
logiche: l’aspetto salientedal puntodi vista comunicativo è ladefinizionedelmodo
in cui si realizza la “vicenda” da esse denotata. In tali frasi secondarie si usa più
spesso il verbo finito,ma l’infinito inparticolari casi nei quali i verbi delledue frasi
(reggente e dipendente) hanno un soggetto coreferenziale. Esempi:
a me dmànd
cmé^t’è^faàt
“mi chiedo come tu abbia fatto”,
dìi’m cmé^gh’ò^da feèr!
“dimmi
come devo fare!”,
i’n sàn^miìga cmé^ì^faàt
“non sanno come abbiate fatto”
a’n
sò^miìga cmé^feèr
“non so come fare”/
a’n sò^miìga cmé^poòs^feèr
“non so come
posso fare”.
Permettedi introdurre frasi relativecon la funzionedimodificatorecircostanziale
dipendenti da nomi quali
maneéra
“modo”; cf., per es.,
lamaneéra cmé^i t’àn^tratè
la’nm’é^miìga^pjazuùda
“ilmodo in cui ti hanno trattato nonmi è piaciuto”.
Può avere poi la funzione (meno prototipica) di modificatore circostanziale di
tempo, segnalandoche lavicendadella fraseprincipale segue immediatamentequella
della frasedipendente; cf., per es.,
cmé^són^rivè, l’à^comincè^abraveèro’m
“quando
sono arrivato, ha incominciato a sgridarmi”,
a’v pagarò cmé^fnirì^’l lavoór
“vi pa-
gherò quando finirete il lavoro”.
Viene usata inoltre nelle frasi “parentetiche” (o incidentali), caratterizzate da una
subordinazioneabbastanza“allentata”; cf., per es.,
cmé^’t vèd, a són^béle^chì
“come
vedi, sono già qui”.
Analogamente a
che
, questa congiunzione può essere utilizzata anche per intro-
durre gruppi nominali che sono l’espressione ellittica di un’intera frase e hanno la
funzionedimodificatori restrittivi: conessa si segnalachegli individui (/oggetti) de-
notati dal soggetto della frase e dal sintagma nominale retto da
cmé
hanno una certa
peculiarità comune; cf., per es.,
l’é^beéla cmé^sò^meèdra
“èbella come suamadre”.
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