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8.32
Una ram immagine dei lavori di costruzione del Fungo
dell'Acquedotto, scallata da via Solari Ile/l'estate del 1930.
Costruito a partire dttl 1929 su progello del valeute lnsegnere e
impresario edile Ugo Pescatori (189?-1972), autore, jiY:t l'altro
anche dell'acquedollo eli Colorno, jìno ai primi anni Cinqutlltta
del Norecento dominerà incontrastato
il
pa11orama deii'Oitre-
tommte
COli
i suoi 38 metri e 40 di altezza (CP- GAL).
8.33 Unct immagine del serbatoio pensile scattata dal basso evi-
denz ia le costolature in cemento armato che costituiscono l'os-
satum dell'edijì'cio
GAL).
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/1
Fungo di l'ia olm·i t'eniva ufficialmente inaugurato
il
28
ottobre 1930 (amlit'ersario della Marcia su Roma) alla presenza
del t•ice Pref etto Eolo Rebua (1878-1959) e del lescot'O. mo11S.
Guido Maria Conj'011i ( 1865-1931) ed era in grado di asslcumre
la pressione necessaria all'intera rete cittadina. graz ie al serba-
toio principale da 700 metri cubi (CP- GAL).
prendeva il nome da Papa Giulio Il, coniata da
Ottavio Farnese fra
il
1559 ed il 1561 aveva
il
dia-
metro di 2,55 cm. e una superficie di 5,10 crn2)
per uso e comodo della sua casa posta nella vici-
nanza della chiesa di San Marco, un tempo esi-
stente nella zona di piazzale della Macina.
A
questa seguirono altre concessioni sia gratuite
che a pagamento e tanto aumentò
il
bisogno di
quei perenni zampilli che, sebbene parecchi cit-
tadini si contentassero di avere
il
superfluo delle
fomane, venne a mancare l'acqua per fare fronre
alle molte richieste.
Allo scopo di aumentare la portata dell'acquedot-
to la Comunità, con rogito del cancelliere comu-
nale Giulio Luvali del 30 dicembre 1625, stipula-
va un contratto con il conte Ercole Cassola che
rinunciava alle proprietà di alcune sorgenti nel
suo possedimento del Fienile di Marano conce-
dendo al Comune la facoltà di costruire dei cana-
li sotterranei per condurre l'acqua anche dalle
fomi circostanti sino alla "conserva" per le sor-
genti di Malandriano.
Le spese per l'allacciamento delle suddette sor-
genti, anche questa volta, furono sostenute per
metà dallo taro e per metà dal Comune, secon-
do
il
progeno dell'architetto Gian Battista
Magnani (1571-1632).
Purtroppo l'opera, costruita con eccessiva econo-
mia, non corrispose all'aspettativa, perché con le
piogge, le acque traboccanti da un rio limitrofo,
penetravano nel condotto e si mescolavano con
quelle delle sorgenti: le radici e le erbe ostruiro-
no man mano i condotti. Per di più, durante le
irrigazioni dei prati sovrastanti, si infiltravano nel
condotto acque sature di terra e di limo, così che
la cinà
"ben /ungi dall'avere acque limpide e ji·e-
sche come inpassato"
le ricevette di poco aumen-
tate, ma immonde, perciò inadatte ai servizi
domestici. Questa scadente qualità suscitò vive
proteste così che le acque di Marano vennero
"divertile';
cioè deviate.
Furono fatti vari sopralluoghi nel 1655 dal duca
Ranuccio II con il fratello Pietro, dal Ministro, dal
Governatore e da una deputazione di Anziani e,
sia pure per le spese esorbitanti occorrenti alla
sistemazione, non furono mai fatti i lavori neces-
sari per togliere i gravi inconvenienti lamentati e
co
ì
le acque andarono perdute.
La
limirara portata delle sorgenti d'acqua disponi-
bile e la troppa generosità del Comune nel conce-
dere l'acqua di Malandriano provocò nel 1655
l'impo sibilità di soddisfare i bisogni di tutti gli
utenti e della cittadinanza. In quell'epoca non si
conosceva il sistema di distribuzione con il conta-
rare e neppure si utilizzavano
i
rubinetti per evi-
tare lo sperpero dell'acqua. ·Fu necessario, qu indi,
pensare ad un metodo che potesse soddisfare gli
interessi di rutti
·per
modo
che
gli uni non
avesse-
ro vantaggio a danno degli altri".
Pertanto in quel-
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(