4. I segni della categoriadel numerale
§ 1. I numerali cardinali
Servono a quantificare oggetti numerabili, ma non sostanze omaterie informi, a
menochequestenonvengano suddivise inporzioni ocollocate incontenitori; esempi:
n’^oslén
“un (unico) uccello”,
dò
^
fóji
“due foglie”,
deéz^pjànti
“dieci alberi”,
nà
fèta^’d tórta
“una fettadi torta” (ma
un^pò^’d tórta
“unpo’di torta”),
unbiceér^d’aà-
cua
“un bicchiere d’acqua” (ma
un pò^d’aàcua
“un po’d’acqua”).
Usati nell’ambito del gruppo nominale, possono dipendere da un nome oppure
fungereda sua testa se il nomemanca
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. I numerali cardinali dipendenti daunnome
vannoconsiderati specificatori piuttostochemodificatori per due ragioni: sonoquan-
tificatori analoghi agli indefiniti
poòc, tànt, parèć, tùt
ed hanno lamedesima collo-
cazione dei normali specificatori, venendo posti dinanzi al nome reggente. Certo, si
differenzianoda specificatori comequelli esaminati sopraperchépermettonodi quan-
tificare inmanieraesattaanzichéapprossimativae laquantificazioneconessi fornita
nonpresuppone relazioni con il contestocomunicativo; si confrontino, per es., le frasi
per es.,
ala partiìda a’gh’eéra^deéz^parsóⁿni
“alla partita c’erano dieci persone” e
alapartiìdaa’gh’eéra^poòchi^parsóⁿni
“alla partita c’eranopoche persone”
297
. Poi-
ché da questo punto di vista i numerali cardinali sono più simili aimodificatori (ag-
gettivi qualificativi) che agli altri specificatori, si deve considerarli specificatori non
prototipici.
Nell’ambito dei numerali cardinali quello del numero 1 si distingue perché com-
prende (a) un “pronome” e (b) un aggettivo: il primoha forme identiche a quelle del
pronome indefinito
vón,
mentre il secondo ha forme identiche a quelle dell’articolo
indeterminativo
un:
maschile femminile
a)
vón vùna
b)
un na
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Il dialetto parmigiano si differenzia dall’italiano nell’indicazione delle ore senza fra-
zioni: il numerale deve essere seguito dal nome
oóra
“ora”, che rimane immutato dopo
na
“una”,ma si riduce a
oór
dopo i numerali da
dò
“due” a
vùndoz
“undici” (cf., per es.,
véena
n’oóra
/
a dò^oór
/
a deéz^oór!
“vieni all’ una/ alle due/ alle dieci!”); non si usa tuttavia
l’espressione
adòdz’^oór
“alledodici”, inquanto leunicheespressioni ammesse sono
amezdì
“amezzogiorno” e
amezanoòta
“amezzanotte”. Se poi si indicano le ore insieme a loro fra-
zioni, il dialetto si comporta come l’italiano; così, per es., si dirà
véenadò^e ’n cuèrt/ adò^e
meéz!
“vieni alle due e un quarto/ alle due emezza!”.
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La prima frase può esseremessa in discussione se le persone presenti erano undici an-
ziché dieci, mentre una tale differenza è irrilevante per la seconda, che è intercambiabile con
la frase
alapartiìdaa’gh’eéra^cuaàtor^gaàt,
contenente l’espressione idiomatica
cuaàtor^gaàt
“quattrogatti”.
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