Le forme
vónevùna
del numeralehannouna semanticadiversadaquelladel pro-
nome indefinito: possono riferirsi a qualsiasi entità numerabile implicandone l’ap-
partenenza un gruppo di almeno due elementi noto all’interlocutore, mentre
l’indefinitoè limitatoai soli esseri umani eprescindedall’appartenenzaadungruppo.
Un contesto tipico di
vón
sono le costruzioni con il lessema
ni
/
nin
“ne”, come, per
es., nelle frasi
dà’m’ni^vón
(/
vùna
)
!
“dammene uno/una!”,
a’t nin daàg^vùna, mo
miìga^dò
“tenedouna,manondue”.Altri suoi contesti tipici sono frasi quali
vónal
leéza, cl’eètor al scrìva
“uno legge, l’altro scrive”,
é^gnù^vón e pò^chj eètor
“è ve-
nuto uno e poi gli altri”,
vón^pù^vón i fàn^dù
“uno più uno fanno due”.
Ancora più sensibili sono le divergenze semantiche rispetto all’articolo indeter-
minativo, vistochepermettedi presentare singoli oggetti,manonclassi generali come
con l’articolo (per es., nella frase
un gaàt al n’é^miìga^’n càn
“un gatto non è un
cane”). Si può illustrare l’uso del numerale
un
con questi esempi:
a ninmaàgn^na
fèta
“nemangio una fetta”,
a’v daàg un peér^pr’ón
“vi do una pera a testa”.
Tra i restanti lessemi numerali
298
soltanto
dù
“due”
, trì
“tre” e
mìl
“mille” hanno
più di una forma:
maschile femminile
dù
299
dò
300
trì
301
trè
302
mìl
303
mìla
, usata con imultipli dimille
Esempi:
j én^gnù in dù
“sono venuti in due” ≈
j én^gnuùdi in dò
“sono venute in
due”,
dù^càn
“due cani” ≈
dò^oòchi
“due oche”,
j én^gnù in trì
“sono venuti in tre”
≈
j én^gnuùdi in trè
“sono venute in tre”,
trì^càn
“tre cani” ≈
trè^oòchi
“tre oche”,
mìl^càn
“mille cani” ≈
dò^mìla^càn
“duemila cani”,
mìl^oòchi
“mille oche” ≈
dò^mìla^oòchi
“duemila oche”.
298
La granparte dei numerali ha un’origine che si spiega senza problemi sulla base di un
confronto con lamatrice latina e gli equivalenti italiani, tenendo conto dei cambiamenti fo-
netici – esaminati nellenotedel primo capitolo–peculiari del dialetto. Ci soffermeremo sol-
tanto su qualche caso problematico.
299
Si potrebbe ricondurre questa forma a *
dui
del latino volgare (cf. Lausberg, op. cit.,
vol 2°, p. 165; Tekavčič, op. cit., vol. 2°, p. 205), postulando che il nesso finale –
ui
sia stato
semplificato in –
u
.
300
Questa forma puòvenire ricondotta a lat.
duas
o
dua
(cf. Lausberg, op. cit.. vol 2°, p.
165).
301
La forma continua lat.
trēs
tramite una forma intermedia *
trei
(cf. Lausberg, op. cit.
vol 2°, p. 166; Tekavčič, op. cit., vol. 2°, p. 205), che in seguito si èmonottongata.
302
La forma continua probabilmente
treas
del latino volgare (cf. Lausberg, op. cit., vol
2°, p. 166).
303
mìl
≈
mìla
è la continuazione normale di lat.
mille
≈
milia
(cf. Tekavčič, op. cit., vol.
2°, p. 206-207).
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