l’à^incontrè^’n pòvor^djeèvol
“ha incontrato un povero diavolo” [= “un poverac-
cio”],
a’marcòrd^sémpor dal pòvor^mè^peèdor
“mi ricordo sempre delmiopovero
babbo” [= “babbodefunto”],
unòm^povrèt al ne dovrìs^miìg’^aveéro’gh’ tànti^pre-
teézi
“unuomopoveronondovrebbeavere tantepretese”. Pure l’aggettivo invariabile
gràn,
che si opponea
grànd
“grande”, vienepostoprimadel nome reggente: funziona
(con il significato “fuori dalla norma, di qualità”) comemodificatore di nomi di nu-
mero singolare,mavieneusatopiù spessonel gruppo idiomatico
dal gràn
, che, come
si èdettonella trattazionedegli aggettivi indefiniti, èunavarianteparmigianadi
tànt
“tanto”; cf., per es.,
i stàn^int nagràn^cà
“abitano inunacasadi qualità”,
at gh’è^na
gràn^bèrba
“hai una barba vistosa”,
al fà^gniìr^na gràn^bèrba
“è molto noioso”
(espressione idiomatica),
at pèrd^dal gràn^témp
“stai perdendomolto tempo”,
i spén-
don^di gràn^sòld
“spendonomolti soldi”.
In alcuni casi l’ordine
aggettivoqualificativo+nome
è unmezzo che permette
di disambiguare la semantica lessicale dell’aggettivo, evidenziandone perlopiù una
funzionemetaforica; esempi:
aninbeév^nabeéla^mèsćia
“nebevounmestolopieno”
(≈
dàa’m lamèsćia
^
béela!
“dammi il mestolo bello!”),
a veén^con un cheèr^amiìg
“vengo conun caro amico” (≈
at cómpor^di lìbor^cheèr
“compri dei libri cari”).Di-
versamente da it.
nuovo,
non si colloca invece
noóv
prima del nome per costruire
frasi del tipo
j àn^comprè^nanoóva^cà
“hanno comperatounanuova [= altra] casa”
(≈
j àn^comprè^na cà^noóva
“hanno comperato una casa nuova” [cioè non usata]),
ma si deve usare la codificazione
j àn^comprè^n’eètra^cà.
Per alcuni altri lessemi (quali
bón
“buono”,
catiìv
“cattivo”,
breèv
“bravo”,
beél
“bello”,
brùt
“brutto”) i due diversi ordini non hanno nulla a che vedere con la di-
sambiguazione della semantica lessicale: essi servonopiuttosto a segnalare funzioni
pragmatico-comunicativediverse. Per spiegarequesto fenomeno si devepartiredalla
constatazione che l’ultima parola di una frase è la sede preferenziale della sua pro-
minenza tonica: quando la frase termina con la sequenza
nome
+
aggettivoqualifi-
cativo
, la prominenza tonica tende a cadere su quest’ultimo, segnalando che
l’aggettivo è l’elemento saliente dal punto di vista comunicativo (ovvero il rema);
quando invece la frase termina con la sequenza
aggettivo qualificativo +nome
, la
prominenza tonica cade suquest’ultimo, segnalando che l’interogrupponominale è
il rema. Conformemente a questi principi vanno interpretate opposizioni quali
aj
ò^vìst^unputén^
beél
“hovistounbambinobello”≈
aj ò^vìst unbél^
putén
“hovisto
un bel bambino”,
aj ò^vìst^al putén^
beél
“ho visto il bambino bello” ≈
aj
ò^vìst^al^beél
putén
“hovisto il bel bambino”: soltanto l’aggettivo inposizione finale
puòesprimereuncontrastocon laprevisionedi vedereocontinuareavederebambini
brutti. Se la medesima opposizione
putén^bél
≈
bél^putén
compare all’inizio della
frase,ma laprominenza tonica restaalla fine, non si notauna sensibiledifferenza se-
mantica tra leduealternative; esempi:
unputén^beél al’sporteèva^di
fjoór
“unbam-
binobelloci portavadei fiori”≈
unbeél^puténal’sporteèva^di
fjoór
“unbel bambino
ci portava dei fiori”.
194