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cessivo, chepuòanchenon seguire immediatamentequellodel puntod’osservazione;
a ciò si aggiunga che il punto d’osservazione si identifica con l’atto comunicativo e
la vicenda denotata dalla frase in cui si usa
ormeèj
viene presentata come una previ-
sione del parlante; cf., per es.,
ormeèj l’é^siìra
“ormai è sera”,
l’é^siìra, ormeèj
“è
sera, ormai”. Due codificazioni alternative quali
ormeèj al veén
“ormai arriva” ≈
al
veén sùbit
“arriva subito” non hanno una semantica del tutto identica: con la prima
si presenta l’arrivo imminente come una previsione del parlante, mentre con la se-
conda lo si ritiene una cosa certa.
Gli avverbi
apéⁿna
e
béle
segnalanocheunavicendaavviene inun intervallo tem-
porale che precede quello del punto d’osservazione: con il primo si indica una pre-
cedenza immediata,mentrecon il secondo si evidenziapiuttosto la tempestivitàdella
vicenda.Esempi:
l’é^apéⁿna^rivè
“èappenaarrivato”,
l’é^béle^riìvè
“ègiàarrivato”.
Purecon
zamò
e
ancòra
si fissaunacronologia relativa, tuttavia il verbodal quale
essi dipendonopuòdenotarenon solovicende specifiche (singoleo iterate),maanche
attività usuali o consuetudini. Usati nell’ambito delle frasi principali, entrambi pre-
suppongono un rapporto di contemporaneità con l’atto comunicativo: con
zamò
si
evidenzia che le vicende o consuetudini iniziano prima del previsto, mentre con il
polisemico
ancòra
(che può esprimere anche una semplice iterazione, significando
“di nuovo”
537
) si precisa che esse continuano, contrastando con laprevisione chedo-
vesseroconcludersi
538
; èaffineadessi dal puntodi vista semantico il gruppo idioma-
tico
ne…. pù
“non…. più”, usatoper segnalareche levicendeoconsuetudini si sono
interrotte, contrastando con la previsione che dovessero continuare; Esempi:
al
riìva^zamò
“arrivagià”,
al soól al scoòta^zamò
“il sole scottagià”,
al dòrma^’ncòra
“dormeancora”,
almaàgna^’ncòradlamneéstra
“mangiaancoradellaminestra”,
al
roòba^’ncòra
“rubaancora”,
al lavoóra^’ncòra
“lavoraancora” [=èancora in servi-
zio],
al lavoóra^zamò
“lavoragià” [=ègià in servizio],
al ne lavoóra^pù
“non lavora
più”,
al nedòrma^pù
“nondormepiù”,
edmneéstraal neninmaàgna^pù
“diminestra
non nemangia più”.
Gli avverbi deittici
adeésa
539
“ora”,
aloóra
540
“allora”
541
,
incò
542
“oggi”,
jeér
543
“ieri”,
dmàn
544
“domani”
545
segnalano il puro rapporto temporale con l’atto comuni-
òm ormeèj^veéć
“un uomo ormai vecchio”.
537
Per tale uso si rinvia al capitolo seguente.
538
L’avverbio
ancòra
può combinarsi anche con aggettivi indicanti proprietà transitorie:
cf., per es.,
na pjànta ancòra^vérda
“un albero ancora verde”.
539
La sua origine è problematica (cf. cf. Rohlfs, op. cit., vol. 3°, p. 268).
540
E’ riconducibile a lat.
illa hora
“in quell’ora” (cf. Rohlfs, op. cit., vol. 3°, p. 270).
541
Il polisemico
aloóra
puòavereanche funzioni diverse, come, per es., nella frase
aloóra
móovo’t!
“dunque sbrigati!”.
542
E’ riconducibile a lat.
hinc hodie
(cf. Rohlfs, op. cit., vol. 3°, p. 264).
543
Continua lat.
heri.
544
E’ riconducibile a lat.
demane
“almattino” (cf. Rohlfs, op. cit., vol. 3°, p. 264).
545
Gli avverbi
incò
,
jeér
,
dmàn
possono avere la funzione di testa nell’ambito delle frasi
148
1...,151,152,153,154,155,156,157,158,159,160 162,163,164,165,166,167,168,169,170,171,...329
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